IL RINASCIMENTO IN VIGNA

La storia dei vini veronesi è anche la storia di un grande sforzo corale, che ha visto come protagonisti gli agricoltori, i vinificatori, gli enologi e tutti coloro che di vino si sono occupati in questo territorio nel corso degli ultimi centocinquant’anni. Il vino di Verona non è sempre stato apprezzato e celebrato come lo è oggi. C’è stato un tempo, parliamo dell’Ottocento, in cui c’erano più vigne nella pianura attorno a Legnago che non nelle colline della fascia pedemontana, da sempre ritenuta un habitat ottimale per la coltivazione della vite. Era un tempo in cui l’uva veniva vendemmiata troppo presto e la vinificazione veniva eseguita con molta approssimazione. I vini costavano poco e duravano poco. L’esportazione era limitata e i mercati internazionali ritenevano che i vini italiani, con l’eccezione dei piemontesi e dei toscani, fossero vini scadenti. L’alta cucina europea beveva vini francesi, o vini tedeschi del Reno, o vino tokaj ungherese. Le cose sono cambiate un po’ alla volta, grazie alla costanza, alla forza, alla pazienza e alla progressiva apertura mentale dei produttori. Negli ultimi cinquant’anni l’evoluzione del vino veronese è stata semplicemente straordinaria. I doc di Verona hanno conquistato il mondo e sono entrati nelle enoteche più esclusive. Quella che già nell’Ottocento veniva descritta come la “mancata” Borgogna italiana, oggi è finalmente diventata una delle patrie mondiali del vino.

 

 

 

LA CULLA DEL GALATEO

Nel palazzo Accoliti, al civico 9 di piazza Vescovado, c’è una piccola lapide che ricorda un fatto assolutamente ignoto alla maggior parte dei veronesi. L’epigrafe dice: Per consiglio di Galateo Florimonte, gentiluomo alla corte del vescovo Giberti, monsignor Giovanni Della Casa scrisse, e ad onor di lui intitolò, il Galateo. Proprio così: il famoso libro che definisce le norme della buona educazione fu pensato, e forse anche scritto, qui a Verona mentre l’autore si trovava presso la residenza del cardinale Gian Matteo Giberti, il quale ospitava volentieri a casa sua i migliori esponenti della cultura umanistica e cristiana del tempo. Uomo dalla forte personalità, Giovanni Della Casa visse nella prima metà del Cinquecento e fu letterato e al tempo stesso uomo di chiesa. Dopo una tumultuosa giovinezza si dedicò alla vita religiosa e per le doti di ingegno e di magistero divenne vescovo di Benevento. Ricevette vari incarichi dal Pontefice Paolo IV dal quale fu innalzato alla carica di segretario di stato. Scrisse varie opere in prosa e in rima, queste ultime ricche di eleganza e profondità di sentimento. Ma dove emergono le sue migliori doti di scrittore è nell’opera più famosa: Il Galateo overo de’ costumi. Chi avesse voglia di andarsi a leggere questo breve e fortunato trattato, troverà conferma dell’inaspettato legame tra la città di Giulietta e il bon ton.

 

 

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