IL VINO DI CATULLO
Zeno, santo patrono di Verona, è stato vescovo della città del IV secolo. Nella sua famosa predica al vignaiolo scrisse: “Il Signore ha piantato per sé un altro vigneto, quello del nostro popolo, e in questo vigneto confluisce tutta l’abbondanza di frutti predetta dai profeti. Ora, carissimi agricoltori, perdonate a me, vostro coltivatore, se, parlando di viti, la mia poca esperienza non risponderà in tutto alla vostra competenza”. Il futuro santo si esprimeva con estrema modestia ma in realtà la sua predica era un vero e proprio trattato di viticultura. E stiamo parlando di una predica di quasi 1700 anni fa! Per la storia della viticoltura questo antico documento è talmente importante che i Consorzi di Tutela dei vini veronesi hanno nel proprio logo l’immagine del santo. Ma quando inizia la storia della viticultura veronese? Le più antiche tracce sono foglie fossili di vitacee antenate della vite, datate 40 milioni di anni fa. Sono state trovate nella celebre pesciaia di Bolca, sulle colline veronesi. Con ogni probabilità la coltivazione effettiva risale al V sec. a.C. Più avanti, ai tempi di Catullo, che da buon veronese amava il vino, le anfore di Reticum della Valpolicella venivano spedite a Roma, dove incontravano molto successo. Anche re Teodorico apprezzava molto il vino locale. È celebre la lettera scritta da Cassiodoro, rivolta ai possessori veronesi, nella quale l’illustre funzionario regio di Teodorico elogiava il vino acinatico di Verona e ne descriveva il lento appassimento e la pigiatura delicata.